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Anticorpi
per una qualità architettonica diffusa
La legittima aspirazione ad una città bella
oltre che funzionale passa attraverso buone pratiche,
talento ed attori coraggiosi
GArBo Giovani Architetti Bologna
Come Associazione dei Giovani Architetti di Bologna notiamo con piacere che l’appiattimento dello standard qualitativo dell’edilizia bolognese è uscito dall’alveo del dibattito tra i soli addetti ai lavori, e che viene ora percepito come tale anche da importanti personalità cittadine e considerato meritevole di attenzione da parte di quotidiani e mezzi di informazione.
Vorremmo partire da una riflessione di carattere generale: per poter assistere ad una inversione di tendenza nella qualità delle trasformazioni urbane, riteniamo che la prima istanza da considerare sia il ruolo dell’amministrazione pubblica all'interno di questi processi. Infatti, troppo spesso sia la regia che la progettazione di importanti interventi di interesse urbano collettivo sono state completamente delegate ai privati: conseguenza e concausa dell'attuale situazione appare l'operare di un gruppo di attori, che faticano a superare quelle logiche foriere di risultati di dubbia se non conclamata scarsa qualità.
Nello specifico vorremmo indicare alcune vie percorribili per generare questo cambio di rotta, che a nostro parere non può derivare solamente da pochi interventi puntuali ad opera di progettisti di fama internazionale, che sono certamente i benvenuti, ma che non possono da soli costituire un vero e proprio rinnovamento della qualità complessiva delle trasformazioni urbane. Il vero nodo ci pare dunque essere il sistema di assegnazione d’incarico, considerando l'adozione sistematica della pratica del concorso l'unico metodo efficace per permettere l'entrata in scena di nuovi professionisti e la scelta della migliore soluzione da parte dell'ente banditore.
Se questa procedura appare doverosa da parte di un'amministrazione pubblica, altrettanto utile può risultare in caso di committenza privata, come dimostra l'esempio del museo aziendale G.D., in corso di ultimazione in via Vittoria. Un altro tassello fondamentale a livello metodologico è rappresentato a nostro giudizio dal coinvolgimento di associazioni e comunità locali nell’individuazione dei programmi, attraverso laboratori di urbanistica partecipata da cui emergano i reali bisogni di una determinata area, come accaduto nel caso delle ex-fonderie riunite di Modena.
Per concludere vorremmo fare una considerazione pragmatica sulle polemiche dovute alle cubature ed alle densità osservate in alcuni degli interventi recentemente oggetto di dibattito pubblico: se infatti assistiamo da un lato all’inesorabile aumento della popolazione mondiale e dall’altro al drastico calo di abitanti nelle nostre aree urbane, non possiamo che considerare necessaria la densificazione come unico strumento per evitare lo sprawl ed il consumo di nuovo territorio: lo stesso centro storico, da sempre indicato come modello, e’ prima di tutto denso, e tante sarebbero le aree urbane da recuperare e riqualificare prima di aggredire nuove superfici.
Ciò che comunque deve essere considerato imprescindibile è che questa strategia si realizzi in maniera sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e della mobilità, per questo servono oggi più che mai modelli di sviluppo nuovi, che nascano dalla collaborazione tra amministrazioni, progettisti e cittadini. Con i regolamenti, per quanto precisi ed approfonditi come nel caso di Bologna, non si può esprimere qualità architettonica o urbana; si pone un limite minimo ma non si potrà mai aspirare all’eccellenza, la quale richiede coraggio e fermezza appunto. Ci sono occasioni all’orizzonte che capitano nella vita di una città poche volte, ci riferiamo ad esempio alle aree militari, piuttosto che alla pedonalizzazione del centro storico. Non ci possiamo permettere di trascurare anche queste opportunità, le macchie in urbanistica durano generazioni.
Per GArBo, il presidente Nicola Rimondi
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